Il nonno Aulo ha dato gas al suo motoscafo e ci ha detto ciao.



Il dottor Aulo Donati, medico di generazioni di riminesi,  ci ha lasciato venerdì 15 giugno 2007, il giorno del Sacro Cuore di Gesù.
Quello che doveva dire e fare quaggiù l'aveva compiuto da un pezzo, era tempo di partire. E poi il pensiero che Lino, Tito, Torino e Tonino, se la spassassero lassù tutti i sabati a giocare a scopone scientifico senza di lui, probabilmente non gli garbava affatto, era ora che si presentasse di persona a litigare un po'... si potrà dire “pataca” in cielo?

Io vorrei solo salutarlo con un po' di parole che gli abbiamo voluto dedicare.
Le prime, sono di Davide Rondoni, che ancora una volta vorrei qui ringraziare, romagnolo emigrato a Bologna al pari dei miei fratelli Davide e Gabriele. Segue la mia ultima letterina di Natale, per concludere con la "scoperta" di Samuele.

Nulla è così grande e strano

come l’amore umano
nulla ha un’oscura radiosità
come il segno della paternità.

Una vita lunga, di forza e di pazienza
appare troppo breve
quando il giorno beve
la luce dura dell’assenza.

Un uomo muore troppo solo
anche se ha le mani
e il petto pieno di figli.
Ma in quella solitudine, Aulo,
a Dio del tutto somigli.

Padre degli amici
e dunque di tutti noi
hai mostrato che il tempo non va via,
non è una fuga lineare

ma mistero che cresce
come la marea,
per onde ora oscure, ora chiare
chiamate dal volgere degli astri,
e dal volgere d’amore.

Davide Rondoni

Caro Babbo, questa é l'ultima letterina di Natale che ti scrivo, anche se gli eventi mi costringono ad anticiparla un po'.
Negli anni della tua giovinezza, piena di vita e di amici, così bruscamente interrotta dalla guerra e dalla prigionia africana; nell'età adulta del lavoro e dell'amore; nell'ultima stagione, quella che rivela il vero di ciò che é passato, tu sei stato, e sempre resterai, un grande esempio da seguire.
Ora continua pure a pronunciare il tuo "Maria, ti voglio bene", questa volta lo dirai a colei che ti ha accolto venerdì al tramonto per passarti direttamente all'abbraccio di suo Figlio.
Permettici che oltre a pregare per te, si possa chiedere qualcosina anche direttamente a te: noi tutti siamo certi che il Signore del cielo, con la stessa carità con la quale ti ha risparmiato la convivenza con quel corpo martoriato, ora ti concederà il privilegio di essere oggetto della nostra supplica e del nostro grido. Prega per noi.
Continua a far lavorare quel grande cuore, resta vicino alla mamma, ai tuoi figli, dalla più grande alla più piccola, alle nostre famiglie, ai tuoi amici e ai tuoi pazienti, che poi per te erano la stessa cosa. Facci sentire meno soli nel nostro girovagare in questo mondo, come dicevi sempre tu, "rozzo, incolto ed incivile".
Daniele

Il nonno insegnava. Per alcuni la passione della vita è lo studio, per altri il lavoro, per altri la paura. Forse non lo faceva neanche apposta, ma la passione del nonno era condividere. Non ricordo momenti, o convìti, o mattinate di sci nautico in cui da quegli occhi non passasse qualcosa. Anche negli ultimi tempi, quando ancora chiacchieravamo, le fasi spezzate della narrazione di El-Alamein suonavano come un appello al di là della balbuzie, della cronologia e della dimenticanza, un richiamo a seguirlo e a capire, a diventare adulto come solo dentro un grande amore si può diventare. Martedì scorso l'ho visto per l'ultima volta. Dormiva, rideva, chiamava la nonna e mi stringeva la mano, me l'accarezzava col pollice. Immagine passeggera in un giro immortale, non appena. Nel nonno la vita trionfava, la vita muoveva, la vita si alzava di vedetta e tornava al timone, e per quanto questo mi sopraffacesse, capivo che il nonno non stava rinunciando ad insegnare. Siamo fatti per vivere per sempre, implorare un respiro dopo l'altro fino al giorno di Cristo Gesù, quando tutto sarà chiaro. Questo lo condivideva con un movimento del pollice, con l'incapacità a rigirarsi, con cento tubi a martoriare il corpo. Lui più forte di me, lui eternamente vivo tra i vivi. Volevo leggere queste cose perché qui stava il metodo del nonno, e ora ringrazio Dio di averlo capito, anche se all'ultimo. C'è una vita che la morte non spezza, e se possiamo essere uomini è solo perché continuiamo a testimoniare questo.
Samuele